RECENSIONI
Il neo-simbolismo di Angela Di Sansa
Le opere di Angela Di Sanza, partono da una rappresentazione evocativa centrata sul soggetto per suggerire stati d’animo colti nel vissuto contemporaneo in conflitto, a volte, con il rappresentato.
Immagini delicate, sospese in un mondo evanescente tra i palpiti di una luce astratta e irreale, si alternano a tele stese allo scopo di sottolineare che la necessità è un’arte che nella realtà visiva sta la sua autenticità.
La raffinata esecuzione delle opere, nelle quali la tendenza dominante è la rappresentazione oggettiva della concretezza, attraverso una visione che impegni significati spirituali, romantici, sociali, corrispondenti alle intime esigenze di quest’artista.
A questo punto Di Sanza, per la serietà e l’impegno con cui affronta il suo quotidiano può essere, senza alcun dubbio, colei che persegue quel “simbolismo” del tardo Ottocento e primo Novecento che fa riferimento a maestri che vanno da Gustave Moreau a Olidon Redon, non da epigona, ma con stilemi tipici del suo acceso temperamento e da attenta osservatrice delle realtà contemporanee delle quali ne rifiuta la concettualità esasperata ed ermetica.
Con il suo lavoro Angela Di Sanza può considerarsi una fresca artefice di un “neo-simbolismo” che per la chiarezza d’intenti, in certe opere pone una lettura che si contrappone positivamente al rifiuto delle incongruenze della società attuale.
L’attende ancora un buon lavoro di “limatura” nel disegno e nell’espressione paradigmatica dei concetti, ma l’artista è giovane e attenta e, certamente metterà a frutto l’esperienza che tela dopo tela ha acquisito.
Gianni Daccomi
Critica:
Il segno di Angela Di Sanza
IL segno di Angela Di Sanza appare forte e deciso, denso di fisicità e pregnanti allusioni carnali, forme che ne preannunciano il senso pieno
d’una materia cercata golosamente, nelle pieghe stesse del suo unico racconto che si dipana tra un lontano passato (forse) ed un presente che l’invade compiutamente nella stessa ampiezza del suo desiderio.
Ecco allora l’apparenza dell’uccello rapace da cui esplora l’essere e il mondo, la complessa geometria dei frattali, trattati come un gioco di caleidoscopi riscoperti tra i tesori segreti dell’infanzia, la turgida rotondità del nudo umano che preannuncia intime geometrie dell’anima, i verdi policromi, le carte e le scritture come presenze del fare e dei trasalimenti e quei piedi che escono fuori, spuntano dal drappo, che rivela e nasconde, come certe porte schiuse del Canova, da cui non sai se si entra o se ne esce finalmente alla luce, risorgendo. (…)
L’arte che dà diletto, che ci piace, che appaga il nostro bisogno di dare e di ricevere amore è l’arte che sgorga direttamente e senza fraintendimenti dalla nostra anima, dalla nostra carica vitale, forse persino dal nostro eros, dall’interno stesso della nostra vita, ed è questa, io credo, la buccia, la forma, il senso, forse ancora non completamente compiuto, del fare di Angela Di Sanza.
Luigi Tola, Dicembre 2006