RECENSIONI
L’aspetto più intrigante dell’arte di Roberto Cafarotti è che non è classificabile in una corrente, e ciò permette all’osservatore la grande e piacevole libertà di potere osservare questi quadri con la curiosità con la quale ci si pone di fronte a qualcosa di nuovo. Che si ha piacere di scoprire.
La prima volta che vidi le opere di Cafarotti, compresi subito di trovarmi di fronte ad immagini che, dietro i colori brillanti e definiti, svelavano tematiche acute, o ironiche, o d’impatto sentimentale, in ogni caso mai banali.
Il figurativo è bello quand’è bello ( e l’arte figurativa contemporanea è troppo spesso una bella infedele).
Con questi quadri siamo di fronte ad una ricerca di perfezione che già configura l’artista come tale.
Istintivamente l’arte di Cafarotti mi richiama l’iperrealismo americano, e già questo soltanto me la renderebbe simpatica.
A volere riflettere, certi suoi colori e panneggi di abiti o drappi, mi rievocano i trecentisti toscani, così come una certa sua quale acribia e minuziosità descrittiva di cose, oggetti, particolari minuti rimandano al modello tradizionale della scuola fiamminga.
Tutto comunque è interpretato da un artista che si rivela essere uomo di sentimenti, di ricordi, di luoghi amati, di affetto e curiosità per la vita, per le persone (nei ritratti sa cogliere lo sguardo, che è lo specchio del cuore e della mente).
Mi verrebbe da dire uomo di passioni filtrate da una osservazione paziente e da una razionalità controllata.
Di Cafarotti so che ha per l’arte un grande rispetto, derivante da una inclinazione irresistibile per essa, come sempre dovrebbe essere per quegli artisti (pittori, o scrittori o attori) i quali nascono con un talento naturale, un dono grazioso degli dei, che ad un certo punto si rivela e si manifesta, come una chiamata.
Poi l’arte ricambia sempre chi la sa riconoscere.
Gabriella Bassani