RECENSIONI
Filamenti della fantasia, nuvole leggere che si dissolvono, forme amebiche nello spazio. E’ la pittura di Giovanni Gambasin. Una pittura che si richiama chiaramente al surrealismo, ma con una gentilezza allusiva che la contraddistingue. Un modo affabile per visualizzare l’asserto di Calderòn de la Barca: “La vita è sogno”.
A Crespano del Grappa questo giovane dai tratti cortesi e dalla mente piena di sogni, tesse da anni la sua tela leggera. La tesse aprendo le sue immagini ad uno spazio irreale, che si scoglie sulla superficie come l’espandersi di un respiro. Lì, in quel trepidare di aria e di luce, egli inventa le sue architetture nello spazio, dilata le sue ombre magiche, svolge i fili sottili di un errabondo girovagare alla ricerca della felicità. Sono spinto ad inseguire questi fantasmi; è come se una mano discreta mi spingesse sul bordo dell’abisso. Una sorta di vertigine mi assale. Ma sento, nel contempo, il sostegno amicale che mi porta in una dimensione che amo: quella della pittura trasparente, aerea, amabilmente tonale, che è la stessa che si espande dalla suggestione gigionesca dei luoghi ameni che mi circondano. Ne resto immagato. Il viaggio diventa sicuro; senza incubi, senza angosce.
Ecco la caratteristica prima di Gambasin: la sua colloquiali. La pittura come qualcosa di affabile, che ti viene incontro con gentilezza: un invito alla fantasia.
Talvolta può apparire il brivido freudiano dell’incubo; ma è appena un momento. Ci si accorge che la lanterna magica gonfia sogni ottimistici. Anche il grottesco si libera dei risvolti cupi: diventa giuoco, allegra sarabanda. Così per gli aspetti ambigui: siamo lontani dal surrealismo alla Dalì, dove l’atmosfera si fa contorta, spaesante, allucinata. Semmai l’ambiguità diventa come appunto in certi sogni, scambio di ruoli, finzione, passaggio da uno stadio all’altro. Cioè libertà: assoluta libertà.