RECENSIONI
Parlare con proprietà di linguaggio di Sonia Zaffoni non è facile.
Non è facile perché Sonia non ha per nulla le caratteristiche dell'artista-tipo
contemporaneo in quanto non è in perenne orgasmo per "sistemarsi" (leggi "fare soldi con l'arte");
poi non è intruppata in "filiere" o in gruppi artistici "concemed", con i loro manifesti teorici.
E' nel rapporto energetico tra Uomo e Natura, che Sonia Zaîfoni fonda la sua arte,la
sua pittura. E si tratta di una pittura che muove da lontano, appunto da un'idea di "fisicità" che lei
stessa ha sempre vissuto sulla pelle, essendo cresciuta in un paesino, una fuazione collinare a pochi
chilometri da Rovereto, a Noriglio, immersa in una Natura spesso battuta dal vento, specie nei mesi
autunnali ed invernali. Quel vento che generava vortici con le foglie delle vigne, che scompaginava
cespugli, che faceva sbattere le imposte, o portava via i cappelli ed aggrovigliava i capelli e persino
i pensieri. Un elemento del tutto naturale che Sonia ha saputo metabolizzare e trasferire in un segno
fortemente dinamico ed originante. Originante perché "quel" vento è divenuto un segno dinamico e
cromaticamente morfo-genetico, perché traccia delle linee, delle direzionalità, sulle quali si coagula
la materia, e si costituisce in forme che sono allo stesso tempo delle non-forme, ma piuttosto dellevisioni trasfigurate da questo movimento, o meglio da questa "vibrazione" (come la materia
elementare) che impone loro appunto l'energia che Sonia ci mette nella sua azione fortemente
gestuale e che, quale risultato finale, conferisce alle sue opere un'aura quasi onirica, ovvero
trasognata entro la quale la forma c'è, ma allo stesso tempo sembra anche ne sia solo la sua
"permanen za ottíca", cioè di un "che" che se n'è già andato. . .
Vi sembra poco? E perché questa non può essere considerata avanguardia? Solo perché è "ancora"
pittura ?
La prima opera che ho visto, di Sonia, è stato un "gatto", in penombra, colto su di un uscio semiaperto
dal quale entra un turbinio di luce e di pulviscolo atmosferico che "disegna" lo spazio. Il
segno, fatto di tratti nervosi e dinamici, mi ha subito ricordato quello di Boccioni, e dei futuristi, che
del dinamismo universale avevano fatto il loro credo. Non so se Sonia avesse pensato a loro, ma
non credo. Di fatto, però, quest'opera dinamica si poneva (e si pone) su di una linea di "continuità
storica", cioè una linea di ricerca sulle varie manifestazioni del dinamismo, che sia il Futurismo, che
le avanguardie venute dopo, hanno esplorato a fondo. Si, è vero, il dinamismo futurista era
fortemente connesso alla Macchina, a quella che allora era ritenuta la visione della Modernità,
mentre invece Sonia collega il suo dinamismo ad elementi del tutto "quotidiani", come un gatto ed
il vento. Ma proprio qui sta la sua "visione personale", che dunque non cita pedissequamente il
Futurismo, ma opera su una stessa linea teorica usando però altri ingredienti, altri elementi
sintattici, primo fra tutti quello delle "forze naturali". Ed ecco perché, pur lavorando a Rovereto,
sale e scende anche più volte al giorno dal suo "covo", a Castellano, a mille metri, con una vista
mozzafiato sulla valle. Lì, nel suo "Ioft" all'ultimo piano di una vecchia casa restaurata, Tl vento la
fa da padrone, specie l'inverno quando soffia impetuoso da Nord. E così si ritrova nel suo
"ambiente naturale".
Sonia, dunque è un'artista a tutto tondo, figlia di questa "modernità alternativa" che un mondo
dell'arte sordo e cieco si ostina a non vedere, né ascoltare, proprio perché non funzionale al
mercato. Ma è qui, credo, che si gioca il futuro di un'Arte legata al Territorio ed all'Uomo, forse
I'unica che rimarrà quando appunto il "sistema dell'arte contemporarLea" prima o poi, se non muta
la rotta, imploderà su sé stesso.
Maurizio Scudiero