Tanina Cuccia

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Pittori

I contenuti qui di seguito riportati, sono a cura esclusiva dell'artista

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Nata nel 1964 , si è diplomata in pittura all'accademia di belle Arti di Palermo nel 1986. Ha vissuto a Piana degli Albanesi sino al 1989 e dal 1985 all'attività di pittrice ha affiancato quella di iconografo, rappresentando in questa veste la cultura arbëreshe albanofona e bizantina in varie manifestazioni culturali . Dal 1988 al 1991 è stata impegnata come responsabile di progetto nelle ricerche etno-antropologiche sulle cui basi è stato poi creato il museo etnografico N.Barbato di Piana degli Albanesi. Dal 1996 gran parte del suo interesse è stato rivolto all'insegnamento delle discipline pittoriche al Liceo Artistico E. Catalano di Palermo. Negli ultimi tre anni la sua produzione artistica vede la fusione della tradizione iconografica (abilità artigianale, tecnicismo e raffinatezza cromatica) con la pittura di ricerca che ha sempre caratterizzato la sua produzione pittorica parallela. Le sue ricerche si muovono in un ambito che, superato il confine tra astratto ed informale, si muove verso un modo disincantato di fare "pittura", senza etichettature e senza scelte a priori ma fondato sulla scoperta. Vi è nelle sue opere recenti un residuo di figurativismo basato sul "ricordo", sono immagini frammentate, brani a volte scomposti di figure legate all'iconografia bizantina che è parte integrante della sua formazione culturale. Le composizioni molto spesso si discostano dal rigido impianto del quadro rettangolare, sono pannelli scomposti dove i vuoti hanno un alto valore semantico e richiamano una condizione di umano disagio di fronte alla realtà e alla storia che T.Cuccia vive con coinvolgimento senza mai entrare nella cronaca.

RECENSIONI

Memoria e comunicazione di Giuseppe Burgio “…mi resi conto, sempre più chiaramente, che l'arte non è una questione di elementi formali, ma di un desiderio (= contenuto) interiore che determina profondamente la forma” (W. Kandinsky, Ruckblik, Berlino 1913). Al visitatore che si accinge a fruire l'opera qui esposta di Tanina Cuccia, suggerisco di raccogliersi intorno al significato di memoria e comunicazione. Il tema, l'icona, viene proposto sotto forma di ricordo. Di una esperienza prima di tutto: le scoperte durante il restauro di icone, l'interesse che queste hanno suscitato, la successiva attività di iconografa che in modo naturale ne è scaturita. L'icona è preghiera, atto di fede; ma anche identità culturale, appartenenza ad una comunità e condivisione profonda dei suoi riti. E' ricerca del bello, è forma e colore che veicolano una spiritualità altrimenti incomunicabile. Ma l'iconografia impone una tecnica, un canone rigoroso; non ammette trasgressioni o confronti dialettici. Poiché sulle immagini sacre qui presentate irrompono, invece, dubbi, nuove conoscenze e sperimentazioni, i quadri in mostra non sono pittura di icone ma di ricordi. Le nuove conoscenze traggono origine dall'arte e dalla ricerca delle avanguardie storiche; sono i piani-luce che intersecano e, a volte, stravolgono quelle immagini-ricordo e derivano dalla volontà di interferire con esse, apportando nuovi contenuti. Questi acquistano pregio nella sperimentazione tecnica, nella scomposizione formale e materiale di quegli oggetti-storia: con un metodo che chiaramente presuppone l'esperienza didattica. Al primo nucleo emozionale di riferimento si aggiunge, dunque, un bisogno di comunicare. L' Artista evoca e spiega, ricorda e racconta. Che cosa? Una Madonna porta in grembo “l'Incontenibile” (Palinsesto, 2004), ma il supporto ha anch'esso molto da dire e lo fa senza invadere il significato spirituale del Mistero, ma semplicemente aggiungendo, mediante i ricordi dell'artista, gli strati che la storia ha depositato. Alcuni Santi Guerrieri (2003, 2005, 2006) ripropongono la lotta tra bene e male, ma non riescono a risolvere la contraddizione dei termini guerriero-santo. Possono tuttalpiù comunicarci qualche dubbio. Un ripensamento. Forse? Qui il tempo viaggia sull'onda leggera della malinconia, lasciando cadere l'interrogativo per volgere lo sguardo alla assoluta bellezza dei colori e delle forme, alla sorprendente attualità e versatilità della retta diagonale capace, ieri come oggi, di organizzare la composizione del quadro, conferendogli ritmo e vita; o inserendo i piani-colore (2003) che ricordano lo spazio fatto di sola luce e senza oggetti di Larionov; o, infine, trasformando Santo e Mostro in forme astratte, caotiche in una strutturata composizione costruttivista. Un Cristo-Dio e un Cristo-Uomo, la Sindone, dove, una volta riposto il problema della fede (“Credo nonostante i miracoli”), viene riproposto simbolicamente l'incontro fra umano e divino e, concretamente, quello fra l'arte dell'icona con quella astratta del XX secolo. Sono testimonianze e interferenze di piani, colori e luce, collocate ai lati del quadro, stese sopra ritrovamenti di tavole allungate secondo la direzione delle venature e assemblate. L'opera diventa così somma di più reperti ove si incontrano brani di colori, il vuoto del fondo, la trama rivelata del supporto e delle stratificazioni della storia. Un Angelo, un Arcangelo, la dissezione di un Angelo (Empireo, 2003; Arcangelo, 2004; Creatura angelica, 2006) proponendo il soggetto per antonomasia della rarefazione, lo fa contrapponendolo alla concretezza della materia e alla didascalicità del procedimento tecnico. La materia viene cioè esibita nei suoi vari stati ( pigmenti, mecca, legno, lamiera); il tempo ci consegna le idee attraverso l'epifania di forme e colori sui supporti materici in trasformazione; il brano pittorico ci conduce al contenuto (il desiderio di Kandinsky) dell'arte. La forma e i colori sono il frutto di quel desiderio che, se per Kandinsky era la certezza dell'avvento di un'era dello spirito, per l'arte di T.C., avvenuto ormai il disincanto, è certezza di fede e di dubbio insieme.

Mostre

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