RECENSIONI
Ripercorrendo la produzione di Delia Dessì, dalla meno recente alle ultime, vengono alla mente Boccioni e Russolo e i due Delaunay, Robert e soprattutto Sonia: il futurismo dunque e le altre correnti affini del primo novecento e, più a monte, l’origine comune, la matrice cubista.
E poco importa poi, che si tratti di un’operazione di recupero consapevole se non sul piano storico- biografico e culturale: le correnti carsiche lavorano più a fondo quando più sono segrete, scaturiscono poi alla luce, con sorpresa dell’osservatore- e dell’artefice.
Il vortice e l’angolo e la sua forma conclusa, il triangolo, sono gli elementi ricorrenti nel lavoro della Dessì ma è assente, o ridotto, il dinamismo formale e coloristico, costitutivo e fondamentale di quelle correnti: cessati i furori, la macchina si riposa e contempla la quiete delle sue forme.
E la scelta del materiale, l’argilla, concorre all’effetto: passione sedata, ma non inerte: perché la superficie, lavorata quasi con accanimento, percorsa da linee, striature, tratti, ideogrammi di una lingua sconosciuta, nella fattispecie il tuareg- vibra e risponde alla luce.
Si diceva prima dell’ordine punto di approdo – ma anche limite, quando si esprime (“ Orizzonti”) in una disposizione speculare, simmetrica e, sia pure elegantemente, ripetitiva ( ma il pezzo qui esposto, “ Sorgenti a Tam: Tuareg”, sfugge a quest’ ottica, giocata com’è sulla dialettica delle varianti formali e del colore): il gusto del decorativo è evidente, invece, in “ Sabbie a Tam” ; dove il motivo viene circoscritto, chiuso da una “ cornice” azzurra: e i triangoli , fasciati da cunei e dalle spirali che si intersecano, riempiti, in una sorta di “ horror vacui”, da suggestivi frammenti colorati; minuscolo campionario delle sabbie del deserto ( ancora una volta la deriva decorativa di Sonia Delaunay: a sottolineare anche, la vitalità e l’irraggiamento di un percorso sulle cosiddette arti applicate).
Ma nelle ultime opere, Dessì si affaccia a un nuovo indirizzo di ricerca: un rilievo fatto di semisfere disseminate sul piano, e fori che sul piano si aprono: ad indagare uno spazio visibile ( recto) e uno invisibile (verso): con esiti rischiosi, certo, ma più interessanti, più avventurosi, rispetto alle forme sontuosamente decorative, che soddisfano l’occhio ma tranquillizzano la mente.
Francesco Falcone