RECENSIONI
Accordi di colori puri alternati a fantasie di carte e stoffe. Il tutto supportato da un tratto deciso e sicuro. Questo è quello che ci regala l’opera di Stefano Mancini “a cavallo” tra sogno e realtà, in un mondo che si muove tra personaggi senza tempo in scenari fiabeschi ma ancor più teatrali richiamati anche dai titoli, ma soprattutto dall’atmosfera capace di evocare accenti musicali. Molti i riferimenti che vengono immediati, i più evidenti a Luzzati da cui Stefano attinge a piene mani, ma anche la smagatezza e l’iroria di Chagall o il colore giocoso di Matisse e di molta dell’esperienza cromatica dei fauve.
E’ evidente l’appartenenza dell’autore al mondo della scenografia , dei costumi e dello spettacolo nel senso più ricco ed ancestrale del termine che permette di leggere e reinterpretare la realtà attingendo alla sfera del mito e degli archetipi ma creando nello stesso tempo una sua cifra estremamente personale fatta di colore, fantasia, segno ed illusione.
Giuliana Paolucci*
*Docente di semiotica dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Roma