RECENSIONI
"… Anche Olivella Paternò usa la duplice arma della grafica e della scultura ; in " Al dio ignoto " animali e déi conoscono la loro perfetta unità e si incontrano sul terreno di quell''enigma che (dal Romanticismo e dalla coppia De Chirico-Savinio) esercita su di noi un inarrestabile potere. Ora l''ignoto si accompagna, in Olivella, ad un''altra vittoria scaturita dalla nicciana rivendicazione della " fedeltà alla terra ". Una tale " fedeltà " trova il suo sbocco entusiasmante nella gioia di vivere della Nereide con delfino, una gioia dalla quale veniamo contaminati dato che per la Paternò l''arte si definisce come l''ortus conclusus all''interno del quale l''immaginario ci intrappola e fa di noi ciò che Circe a Calipso hanno fatto di Ulisse fino a quando l''eroe è stato cosqì saggio da cedere alle due femmine fatali e ha impedito che il suo sogno venisse oscurato dalla lugubre ombra di Itaca."
(Robertomaria SIENA :
Critico e professore di Storia dell''Arte all''Accademia delle Belle Arti di Roma)