Vito Campanelli

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Pittori

I contenuti qui di seguito riportati, sono a cura esclusiva dell'artista

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Vito Campanelli, classe 1962, è un artista contemporaneo italiano, residente a Venezia dal 1967. Autodidatta, ha iniziato a dipingere su tela all'età di circa dieci anni, sviluppando da subito un legame profondo tra arte e vita. Aver vissuto parte della la sua infanzia in una casa le cui finestre si affacciavano sul chiostro della Chiesa della Madonna dell'Orto, noto anche come "chiostro del Tintoretto", ha avuto un'influenza significativa sulla sua formazione artistica. La sua prima esposizione collettiva, favorita dal critico d'arte Paolo Rizzi, risale al 1979, a soli 17 anni, a Venezia, in una collettiva alla galleria S. Vidal, dove ha presentato due opere di pittura astratto-informale. Da allora, la sua attività artistica non ha conosciuto pause. Ha partecipato a numerosissime mostre personali e collettive sia in Italia che all'estero, e le sue opere sono presenti in molte collezioni private. Campanelli è noto per la sua particolare astrazione, caratterizzata da un'intensa ricerca espressiva del colore. La sua arte gioca sui contrasti, mescolando regole e istinto, metodo e improvvisazione, disciplina e impulso. Le sue opere sono cariche di un lirismo intenso e sensuale, ma anche misterioso ed evocativo. Nel tempo attraverso le sue mostre hanno sempre offerto allo spettatore un viaggio emotivo coinvolgente e destabilizzante. Di particolare successo il suo Rosso Campanelli che rappresenta una cifra stilistica distintiva nella sua opera, un particolare tono di rosso, che domina molte delle sue opere, e che è stato oggetto di diverse esposizioni a tema. ? Iniziative e progetti Tra il 1995 e il 2005, Campanelli ha organizzato "Incontri nell'atelier", incontri-interazione tra artisti in atelier veneziani. Nel 2004 e 2005 ha coordinato 72 artisti italiani per il progetto "Legrenzi Live Art" - Performing Arts, presso Corte Legrenzi a Mestre, Venezia. ?Ha avuto un ruolo significativo nel panorama artistico di Salemi tra il 2008 e il 2009, periodo in cui la città siciliana era al centro di un ambizioso progetto culturale promosso da Vittorio Sgarbi, allora sindaco, e Oliviero Toscani, assessore alla creatività. Nel 2010 ha avuto un'intensa attività artistica in Polonia, in particolare nel 2010, con una serie di mostre personali che hanno consolidato la sua presenza nel panorama artistico polacco. Le più importanti sono l'esposizione al Twierdza Boyen Museum di Gizycko e quella presso la galleria Milano di Varsavia. Il 2013 è stato curatore di un ambizioso un progetto galleria in un prestigioso spazio espositivo nel cuore della città, chiamato “Mestre Contemporanea”. Nel 2022 ha ideato e curato Domus Lab Atelier Aperti, insieme al critico d'arte Gaetano Salerno e all'artista Roberto Cannata. Il progetto si propone di avvicinare il pubblico al processo creativo degli artisti, offrendo un'esperienza immersiva nei luoghi dove l'arte prende vita, creando appuntamenti aperti al pubblico negli atelier veneziani. Il progetto ha ricevuto il sostegno dell'Amministrazione comunale di Venezia. Nel 2024 col Progetto Mestre Lab, ha co-curato un ciclo di mostre d'arte contemporanea presso l'ex Polveriera Francese di Forte Marghera, in collaborazione con il Circolo Veneto e Domus Lab. Il progetto ha messo in rete artisti locali e nazionali, creando un nuovo distretto dell'arte contemporanea nella terraferma veneziana. Nel 2025 nasce a Mestre Venezia una collaborazione espositiva tra Librerie Coop e Domus Lab Atelier Aperti.

RECENSIONI

FRANCESCA BRANDES - Arousal, o del risveglio (2025) Incandescente, e blu, sul bordo dell’Aperto: l’artista è al massimo della profondità, alla pelle della pittura. Ci appare compatto, omogeneo il suo operare, se non fosse per alcuni fremiti, al limite dell’udibile. Il tempo si azzera nel gesto, a definire un campo energetico. Vito Campanelli, un brivido nello spazio della tela: l’attualità e la forza di questo pittore veggente, di estrosa sapienza concettuale, stanno tutte nella sfida a ciò che si considera inesprimibile. Lui sì, riesce a cogliere le intermittenze simultanee del respiro, le indecifrabili connessioni tra le sorti. Lo pervade un’ansia inesauribile di ricerca, una sete pervasa di sortilegi visivi. L’eccitazione dell’agire – folle, imprevista, incoercibile – sale fino a far risuonare le sfere celesti: culmine dell’attenzione, allerta dei sensi. Arousal. Ciò che balza agli occhi, in queste tele assolute, è l’intensità della pronuncia, miracolosa come una nascita che emerga da preludi catastrofici. Per Vito l’evento artistico è organo corporeo, flusso sanguigno, materia. La partenza, sul confine di noi, costituisce il mistero. Per fortuna sua, e nostra: perché nel suo danzare in bilico, ogni verosimiglianza è un inganno, la vera voragine in cui sarebbe erroneo precipitare. L’artista si abbandona alla forza travolgente del vortice. Nella qualificazione organica di quella pelle profonda, percorsa da un brivido sensuale, si rivela la genesi del tutto. È il travaglio di una germinazione perpetua, e assieme il rito di ogni iniziazione: luce che trapunta l’incandescenza di quel blu, flusso di particelle mai identiche a se stesse. La pittura chiama a sé la pittura, in uno scenario immateriale in cui non si riconoscono soggetti, ma solo le loro interazioni. Linguaggio ideale per un cambio radicale di paradigma, orizzonte olistico. Il campo della tela, che è spazio, non luogo, appare percorso da salienze emotive, da necessarie contraddizioni: quasi le scintille che balenano dallo sfrigolìo di una pietra focaia. Ed è in quel punto, nella smagliatura della tinta agglutinata, che appare la sorpresa, il coup de théâtre: forse un inciso, la coda di una cometa, vitale mescolanza di azzurrità e humus. Fuoco di ferro e fosforo, gallio e indio; fuoco blu. Spesso gli sviluppi più fruttuosi – come amava ripetere Karl Heisemberg, uno dei padri della fisica quantistica – si verificano ai punti d’interferenza tra diverse linee di pensiero: come strati di pittura, blu e ancora blu, gli eventi stessi possono coesistere in stati sovrapposti, generando una realtà complessa. Nasce blu un grande pensiero, sul ciglio di una comprensione che tutto tiene. Vito prende sempre posizione per il pericolo, scende al fondo. Ovunque è altrove. L’apparente stato di quiete, nel blu, insiste su un inganno percettivo; il risveglio genera delle, sia pur lievi, alterazioni negli effetti dinamici delle forze in campo. Fra lo spazio e il ritmo del braccio che dipinge, su quel margine che è volo e strapiombo, azzardo estremo. La tinta penetra l’artista come seme nella terra: che luminosa follia aver generato l’amore, sulla spessa cenere dei giorni. Infine ci è chiaro, i lavori di Campanelli sono opere di desiderio nell’accezione lacaniana, laddove il desiderio è la parte più intima di ogni uomo e, nello stesso tempo, a lui stesso la più sconosciuta. Forza che non si placa con la soddisfazione dell’impulso, condizione assoluta che rende vivi, in allerta, aperti alla possibilità, all’imprevedibile. Dagli occhi al respiro, dalle ciglia alle labbra: è anche rabbia talvolta, ribellione che dilaga sulla tela, furore indistinguibile dall’urlo; il blu profondo comporta il passaggio del confine che ci separa da noi, dalla nostra presenza materiale. Tuttavia è anche stato di grazia, l’essere colti da un esistere che non riguarda più il soggetto; la rosa di Nessuno di Paul Célan, l’accadere e l’impossibile mischiati contro l’oblio. Il gesto, allora, si fa liberazione di un’energia che esiste di per sé, e le opere sorgono soprattutto per l’urgenza di far uscire quella grazia. Quasi un’eruzione. È l’artista che appartiene alla sua opera, e non viceversa: increspature, lampi, lacerazioni percorrono il suo agire come lame taglienti. La ferita appartiene anch’essa a questa materia fremente e trasmutata, senza riparo, ed è ferita di tutti. Ciò che resta nel silenzio, mentre la tinta si asciuga, è – per noi che la contempliamo – più che un abbraccio. Francesca Brandes

Mostre

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